Translate it!

giovedì 19 dicembre 2013

Expat Interview #2: Claudia, Fashion & Design Buyer, Berlino

Rieccoci con un'altra intervista expat! Sono davvero felice che questo progetto non si sia arenato alla prima intervista, perché ci sono davvero un sacco di storie interessanti e appassionanti da raccontare, tanti expat brillanti in giro per il mondo che non vedo l'ora di conoscere e presentarvi.

Oggi ho il piacere di pubblicare una intervista con Claudia, senior buyer italiana che ha lavorato per anni nel settore del fashion, e che adesso di occupa di design in una delle capitali più cool del mondo, l'eclettica Berlino. Con lei, barese DOC, parleremo tra le altre cose del declino del fashion e di street style. Vi consiglio di non saltare nemmeno una riga di questa intervista perché Claudia è davvero una forza della natura.


Ciao Claudia, innanzitutto grazie per avere accettato di essere intervistata. Ti va di presentarti?
Mi chiamo Claudia Caldara, 33 anni, sono italiana, pugliese, profondo sud dell'Italia.
Sono laureata in Fashion Marketing e ho conseguito un Master in Marketing for Fashion Buying and Merchandising presso l'Ent-Art Polimoda Fashion School a Firenze. Sono sempre stata affascinata dal mercato della moda, e - essendo italiana - credo che in un certo qual modo la moda, come l'arte ed il cibo, siano parte del nostro Dna italico.

Da quasi due anni vivi e lavori a Berlino, e sembri davvero contenta della tua scelta! Cosa ti piace di questa città?
La prima volta che ho visitato Berlino è stata per una breve vacanza, di qualche giorno. Ricordo fosse fine Marzo, faceva molto freddo rispetto all'Italia, ma io di questa città me ne sono innamorata subito. Ci sono capitata in realtà per caso, come quasi tutte le cose belle che ti accadono nella vita. L'impatto è stato forte, emozionante, di grande vitalità. Ciò che mi lega a Berlino è l'incredibile energia creativa che respiri camminando per le sue strade, parlando con la stragrande maggioranza di giovani da tutto il mondo che approdano qui. Ho amici che vivono qui che sono delle più diverse nazionalità: francesi, coreani, americani. Berlino è una città giovane e cosmopolita.

Ultimamente pare esserci stata una grande ondata di giovani professionisti italiani che hanno abbandonato l'Italia (me compresa). È un fenomeno molto più diffuso rispetto a pochi anni fa. Cosa pensi che attiri tutti questi giovani all'estero?
La crisi di cui ormai sentiamo discutere in ogni canale mediatico, è una crisi direi generazionale. I giovani della mia età e quelli ancora prima, ormai adulti direi, hanno ereditato un sistema costruito dai propri padri e dai propri nonni che ha perso nel corso degli ultimi anni di credibilità. Siamo portati tutti ad emigrare alla ricerca di una vita migliore, di un futuro migliore rispetto a quello a cui sembriamo destinati nei nostri paesi di origine.

Visto che sei una senior buyer con esperienza sia nel fashion che nel design, sei ovviamente una esperta degli ultimi trend! Cos'è che va di moda adesso a Berlino?
Berlino è sicuramente geo-localizzata in modo fortunato perchè la maggior parte dei nuovi trend sia nel fashion che nel design provengono dal nord europa e confluiscono proprio in questa città, che li accoglie, li raccoglie e li propaga.
Sicuramente  lo street-wear è ad oggi il mood dominante qui, Nike ha delle special make-up edition solo per il mercato tedesco, e questo fa capire molto. Siti leader nel design come Fab.com o Monoqi.com hanno la loro sede a Berlino, ed anche questo dice molto in merito a quanto sia ormai fondamentale essere qui ora se si vuole lavorare nella moda o nel design.


Claudia e il suo team quando lavorava a Zalando, sempre a Berlino

Pensi che l'Italia sia ancora un punto di riferimento nel mondo della moda?
L'Italia rimane un paese considerato nell'immaginario comune come sinonimo di qualità. Ma la realtà è che non possiamo certo più considerarci come un paese in cui si coltivano talenti nel fashion. Abbiamo drammaticamente smesso di creare, di osare, di lasciare libero arbitrio alla creatività, che era la nostra caratteristica vincente sul mercato, unita ad una qualità che era senza eguali. Oggi produciamo in Cina, Portogallo, Turchia, Romania. Di made in Italy non è rimasto nulla.

Di recente hai iniziato a lavorare per un sito di e-Commerce che vende esclusivamente pezzi di design. In generale il design è diventato molto più popolare che in passato, sia in termini di interesse che di diffusione tra tutti gli strati sociali. Pensi che prenderà il posto del fashion?
Credo fermamente che il Design sia il futuro. Questo nasce anche dalla rivoluzione culturale che è in atto: si tende ormai a pensare meno ad apparire all'esterno - e quindi a comprare abiti e scarpe e accessori - quanto a rendere il proprio luogo di lavoro o la propria casa un luogo abitabile, unico, particolare, ricercato. Si ricercano prodotti colorati, funzionali, e di grandissima qualità. L'Ikea non basta più.

Credi che il fatto di essere italiana influenzi le tue scelte quando acquisti qualcosa come buyer, o in generale le tue scelte in fatto di carriera? Nel senso che l'Italia è ancora vista da molti come la Mecca dello Stile e noi italiani tendiamo ad essere più attenti alla moda di quanto si faccia in altri paesi… Per te questo è un vantaggio, uno svantaggio, o un semplice cliché?
Sicuramente l'essere italiana mi ha portato ad essere dove sono ora. Ho studiato in Italia, ho avuto una formazione eccellente, e abbiamo nelle nostre radici, nel nostro dna culturale, il fashion - così come il cibo e l'arte. Fanno parte della nostra identità economica e culturale.

Quali sono i tuoi piani per il futuro?
Sinceramente preferisco non pormi più obiettivi, soprattutto in questo momento, preferisco godere di quella sensazione postitiva, di quella vitalità che deriva dall'amore profondo che nutro per il mio lavoro. Non potrei nè vorrei fare altro sinceramente.

Parliamo di radici. Cosa provi ad essere Italiana? Cosa pensi della situazione attuale nel Bel Paese e come pensi di poter fare la tua parte per migliorarla?
Nutro una tristezza profonda e come me tutti gli italiani con cui ho parlato e con cui parlo che vivono all'estero. La sensazione è che non cambierà mai la situazione corrente perchè siamo come un  malato terminale. Non posso aiutare il mio Paese, non saprei come aiutarlo, posso solo portare con me i valori positivi che l'essere italiano significa. La cosa più dura e difficile è che andare via dall'Italia ormai non è una scelta libera, ma una scelta obbligata se vuoi provare ad avere una vita normale.

Pensi che tornerai mai in Italia?
Non lo so.

Un'ultima domanda, sempre la stessa in ogni intervista. Se potessi tornare indietro, c'è qualcosa che cambieresti?
Si, andrei via molto prima.

Grazie mille per il tuo tempo Claudia, e per la schiettezza e la trasparenza con cui hai discusso con noi i tuoi pensieri sul fashion, il design, e l'Italia. Ti faccio i miei migliori auguri per tutto, e spero che avremo occasione di collaborare di nuovo in futuro!


martedì 17 dicembre 2013

Expat Blog Awards 2013

Ciao!

Volevo farvi sapere che partecipo agli Expat Blog Awards 2013 del sito Expats Blog!


Si tratta di un concorso di scrittura, per cui dovevo scrivere un post del tipo "10 cose", relativo alla mia esperienza di expat o al paese in cui vivo.

Il titolo del mio post è 10 Dutch Words You Seriously Need to Know For Living in the Netherlands.

Vi va di aiutarmi a vincere?!

  1. Andate a vedere il mio post (link qui)
  2. Lasciate un commento (almeno 10 parole, altrimenti non vale!)
  3. Vi verrà chiesto di confermare il vostro indirizzo email, quindi per favore controllate la vostra inbox dopo aver commentato
Conto sul vostro aiuto! In palio c'è...beh in realtà solo la gloria, ma anche un paio di voucher di Amazon!

Grazie in anticipo e se avete domande potete farle nei commenti qui sotto :)

Linda


Expat Blog Awards 2013 Contest Entry

lunedì 16 dicembre 2013

Expat Interview #1: Margherita, Psicologa, Olanda

Ciao a tutti, spero che abbiate passato uno splendido weekend!

Oggi diamo il via a quello che spero diventi un appuntamento fisso del blog...le expat interviews. Non è certo un'idea originale, ma ho pensato che sarebbe stato bello dare spazio in questo blog alle storie di chi è partito, e scoprire cosa ha trovato. Per chi parte o per chi resta, non fa differenza: condividere queste storie è un modo per trovare ispirazione o semplicemente per comprendere meglio un fenomeno che è più vecchio del mondo, ma non smette mai di far discutere. È un modo per lasciare una traccia, raccontarsi, e vedere come la vita si sviluppa in modo sempre imprevedibile e diverso per ciascuno di noi.

Nelle interviste tratteremo i motivi che hanno spinto questi ragazzi a partire, e ci racconteranno cosa hanno effettivamente trovato una volta arrivati - sia a livello personale che professionale. Anche se escludiamo il fattore "expat", credo sia sempre affascinante ascoltare il racconto del viaggio che ognuno di noi compie nella vita...spero quindi che vi appassioni e che troviate qualche spunto di riflessione!

Nelle interviste cercheremo di trattare non solo il tema (un po' bollito) dell'essere expat. Visto che la maggior parte delle persone che conosco all'estero fanno dei lavori piuttosto interessanti, ci saranno anche domande relative alla loro professione.

L' "onore" della prima intervista va a Margherita, una giovane e in gambissima psicologa dell'infanzia che vive ad Utrecht, in Olanda. Ci racconterà del suo viaggio - da Verona a NY, e da lì a Utrecht - e ci farà riflettere su un argomento molto complesso quale quello della psicologia forense, ambito della sua specializzazione.

Se sei o eri un expat e ti piacerebbe essere intervistato, contattami attraverso il mio sito personale lindadellomo.com ... grazie!



Q. Ciao Margherita! Ti va di raccontarci un po' di te?
A. Ciao Linda! Sono nata e cresciuta a Verona, dove ho vissuto per quasi tutta la mia vita. Amo tornare nella mia città, camminare sul Ponte Pietra, vedere la mia famiglia e i miei amici, respirare vecchi ricordi in ogni angolo della città. Provo a tornare più spesso che posso!
Amo moltissimo viaggiare, in parte perché ti permette di scoprire come le persone sono diverse in base al posto in cui vivono. Adoro cucinare per gli amici, e ascoltare i loro racconti ed esperienze. Forse è per questo che ho studiato psicologia, perché sono così interessata alle persone!
Nel 2007 mi sono trasferita negli Stati Uniti, spinta dal desiderio di esplorazione. A New York ho conosciuto Marco, e ci siamo sposati con una cerimonia molto intima e divertente nella City Hall. Circa un anno fa siamo tornati in Europa, ed ora eccoci qua, happy expats in the Netherlands!

Q. Sei una expat con un sacco di esperienza alle spalle: prima New York, adesso l'Olanda. Com'è stata la tua "prima volta"? Qual'è stato l'impulso che ti ha spinto a partire? 
A. Credo di aver sempre saputo che prima o poi avrei lasciato l'Italia per vivere una nuova esperienza, e l'idea si è trasformata in realtà nel 2007. Una vecchia amica mi ha chiamato per dirmi che sua cugina a NY stava cercando una ragazza che si prendesse cura dei suoi due gemelli di 3 anni. Così sono partita! È stata un'esperienza davvero piacevole, dovevo stare qualche ora con i bimbi ogni pomeriggio, ma il resto del tempo ero libera. Il primo mese non conoscevo nessuno, quindi ho camminato in lungo e in largo esplorando la città. Era inverno, faceva freddissimo, era bellissimo...riesco ancora a provare la sensazione di quei primi passi nella città...che emozione! Poi ho iniziato un corso di inglese, dove ho conosciuto i miei primi amici, e ho iniziato a guardarmi intorno alla ricerca di un master da seguire…poi ho conosciuto Marco e tutto il resto è venuto da sè. Abbiamo vissuto a NY per quasi 6 anni! 



Q. Perché non sei tornata in Italia dopo gli Stati Uniti? E perché hai deciso di vivere proprio in Olanda?
A. Beh, penso che una volta che hai vissuto all'estero, inizi a vedere in modo più chiaro alcuni aspetti del tuo paese che già conoscevi. Spero, tra le altre cose, di poter perseguire una carriera accademica, e sinceramente non me la sento di combattere invano in Italia, dove la meritocrazia al momento non è che un concetto. Abbiamo scelto l'Olanda perché volevamo essere vicini all'Italia, e non dover imparare una nuova lingua...e qui tutti parlano inglese. Siamo molto contenti della nostra scelta! 
Ma in ogni caso prima o poi vorrei tornare in Italia. È da 7 anni che dico che in futuro vorrei rientrare. Ma più tempo passa, più dubito che questo accadrà mai. 

Q. Immagino ci sia una bella differenza tra vivere in una grande città come NY e una città relativamente piccola come Utrecht. Quali sono i vantaggi e gli svantaggi?
A. New York è davvero incredibile. È un vortice, ti porta in una dimensione unica. Se penso che ho avuto la possibilità di vivere lì per 6 anni, mi sento davvero privilegiata. NY mi ha dato un sacco. Ma non penso che avrei potuto vivere là per tutta la mia vita. 
Insieme a Marco abbiamo deciso che avevamo bisogno di un posto più tranquillo, meno stressante. Quindi adoro Utrecht! È una città piccola, come la mia Verona, ma ha una bella energia, è vivace e piena di studenti. Amo anche NY, è la mia seconda casa, e lo sarà sempre. Ma ho fatto tutto quello che dovevo fare, ho vissuto tutto quello che dovevo vivere, e credo che il mio tempo là fosse scaduto. Mi mancano un po' i miei posticini, le mie strade, e l'atmosfera, ma non mi manca la vita che avevo. Quello che davvero mi manca, in realtà, è la possibilità di dedicarsi ad una sana, compulsiva, appagante sessione di shopping! I negozi qui non sono belli come in Italia o NY.   

Q. Sei una psicologa dello sviluppo con specializzazione in psicologia forense. Quanto ha influito il fatto di essere expat sulla tua carriera? Credi che il fatto di vivere fuori dall'Italia abbia agevolato la tua carriera?
A. Mi sono laureata in Italia con la vecchia laurea magistrale di 5 anni, e devo dire che non la cambierei per nulla al mondo! Durante il master in Forensic Psychology negli Stati Uniti mi sono infatti resa conto che la mia preparazione era più vasta e approfondita di quella dei miei colleghi. All'estero c'è grande considerazione per gli studenti e i ricercatori italiani. Più volte mi è stato detto che noi Italiani veniamo visti come dei gran lavoratori, con un cervello fino. Negli Stati Uniti ho acquisito delle competenze più pratiche, ho avuto la possibilità di applicare quello che ho studiato a delle situazioni reali - in questo penso che siano loro ad essere avanti

Q. Quali sono adesso i tuoi piani per il futuro?
A. Ho vari obiettivi professionali. Oltre alla pratica di psicologa, sto lavorando ad una proposta di PhD sulle testimonianze dei bambini in tribunale. È un argomento che ho studiato per molti anni, prima in Italia, poi negli Stati Uniti, e adesso sto cercando di estendere il focus all'Europa. È un argomento che mi sta molto a cuore, e penso che ci sia un profondo bisogno di una maggiore comunicazione tra psicologi e assistenti sociali da un lato e avvocati e giuristi dall’altro. Anche se ci vorrà del tempo prima che si presenti l'occasione di entrare a far parte di un programma di studi, sono determinata a farlo, non importa quanto ci vorrà. Spero quindi di riuscire ad ottenere un posto!
Oltre a questo, sto portando avanti un progetto insieme a due colleghe. Non voglio dire altro, perché siamo ancora in fase di pianificazione, ma sarà incentrato su dei servizi per le donne e le madri migranti. Staremo a vedere!

Q. Se dovessi tornare in Italia, quali saranno gli effetti sulla tua carriera?
A. Spero davvero che le cose cambino nei prossimi anni, ma se dovessi rientrare adesso, so che dovrei rivedere i miei progetti e obiettivi. E questa è appunto la ragione per cui sono qui e non lì. Non sto dicendo che qui è tutto facile, ma almeno qui hai la sensazione (che è poi la realtà) che se lavori sodo, puoi ottenere tutto quello che vuoi (più o meno!).  

Q. Visto che abbiamo la possibilità di avere un parere professionale, ti faccio una domanda relativa alla psicologia infantile: come credi che i figli di expat vivano questa loro esperienza? Mi sono spesso chiesta se il fatto di vivere all'estero non sia un vantaggio per loro, essendo esposti a culture e lingue diverse in tenera età. Ma non potrebbe anche causare confusione o farli sentire insicuri?
A. Non direi che vivere all’estero possa sempre essere visto come un vantaggio, dipende dale situazioni, ma in alcuni casi puo’ senza dubbio essere considerata un’esperienza positiva. Questi bambini hanno la possibilità di sperimentare due, a volte tre culture diverse, e questo migliora le loro capacità di adattamento. I loro genitori però devono prestargli maggiori cure e attenzione di quanto avviene in una famiglia "comune". Le sfide si possono superare, insieme, ma è importante che i genitori capiscano che non devono lasciare soli i loro bimbi nell'affrontarle. Un bambino di 5 anni che cambia routine, lingua, amici, ma anche il clima e i cibi a cui era abituato, ha bisogno di essere accompagnato in questo percorso. Altrimenti potrebbe sentirsi disorientato e diventare più ansioso o volubile. Non è però magari in grado di esprimere questo malessere con le parole, quindi i genitori expat devono fare più attenzione alle piccole cose. 

Q. Parliamo di radici. Cosa significa per te essere Italiana? Cosa pensi della situazione attuale nel bel paese? E come pensi che gli italiani all'estero possano contribuire a migliorarla? Nel senso che...ci sono molte persone che pensano che, per aiutare, devi restare in Italia.
A. È una domanda che mi faccio tutti i giorni: “Non dovrei essere in Italia, invece che qui, a lamentarmi e a sentirmi triste per il mio paese?".
Sinceramente, non lo so. Le persone che conosco, gli articoli che leggo, le voci che mi arrivano, puntano tutti verso un cambiamento globale e profondo. Ma è da 15 anni che è sempre la stessa storia. Abbiamo sprecato ogni elezione, ogni occasione per fare qualcosa. Non sono una ragazzina, ho viaggiato, mi sono trasferita due volte, e ogni volta è come ricominciare da capo. Non me la sento di ricominciare in un paese dove i miei diritti (di lavoratrice, donna, e un giorno madre) non sono per niente tutelati. Un paese dove la disparità fra i sessi è ancora una realtà inaccettabile, dove per lungo tempo le donne sono state considerate con standard diversi da quelli maschili, dove non c'è rispetto per i miei amici gay. Non sto dicendo che l'Italia è tutta qui. Anzi, credo e spero che qualcosa stia cambiando, ma, egoisticamente, non ho tempo di aspettare che fra - forse - 4 anni le cose siano migliori. Quando sono partita non pensavo che sarei rimasta all'estero. Ma poi non ho trovato nessun motivo per tornare. 

Q. Un'ultima domanda… Se potessi tornare indietro, c'è qualcosa che cambieresti?
A. Tendo a non avere rimpianti, penso che ogni scelta che ho fatto fosse la migliore nel momento in cui l'ho fatta, considerando che persona ero in quel momento e a quale punto della mia vita ero. Quindi, no, non cambierei niente!

Grazie Margherita per il tempo che ci hai dedicato e per le tue risposte così profonde e interessanti. Abbiamo toccato alcuni argomenti molto importanti che varrebbe la pena approfondire...ma sono contenta che almeno abbiamo dato qualche spunto a chi leggerà questa intervista. In bocca al lupo per tutti i tuoi progetti, spero di intervistarti di nuovo una volta avviati!

giovedì 12 dicembre 2013

Una casa nuova sotto l'albero

Ciao gente! Oggi sono felice perché il Natale è ormai alle porte :)

Mancano meno di 2 settimane a un'orgia di parenti, regali trash, cibooo, gatti e coccole con il mio amore... Non vedo l'ora! :)

Parto da Amsterdam il 20 e sarò in ferie per ben due settimane. Olé!

Al mio ritorno mi aspetta qualche cambiamento: da Gennaio avrò un appartamento tutto per me, proprio nel centro di Utrecht! Sono emozionatissima... Ovviamente non sono molto emozionata all'idea del trasloco, soprattutto visto che è il secondo in meno di 3 mesi, ma per fortuna non ho portato molta roba in Olanda...tutti i miei averi stanno in uno scatolone...quindi dovrebbe essere abbastanza indolore!

Ho già impacchettato tutta la roba che non mi porterò in Italia per le vacanze, e domenica andrò a portare le mie cose nella nuova casa, dove rimarranno ad aspettarmi fino al nuovo anno. Verrà anche la mia coinquilina J., che ne approfitta per dare una sbirciata alla casa. Mi dispiace che non vivremo più insieme...con tutti i pro e i contro della convivenza, era bello avere la sua compagnia. Ma so che ho trovato un'amica, ed è un cosa bella :)

Quanto al nuovo appartamento, ho avuto un colpo di fortuna: la ragazza che ci abita parte per un progetto di volontariato in medio oriente che la impegnerà per vari mesi, e stava quindi cercando qualcuno che le tenesse in caldo la casa fino al suo ritorno. Potrebbe trattarsi di 6 mesi come di un anno. L'affitto che paga è molto basso perché l'appartamento fa parte di un edificio di case popolari. Ma non vi immaginate uno dei nostri palazzoni alla perferia della città...le case pubbliche in Olanda sono un'altra storia! La pratica delle case popolari (sociale huurwoningen) è  molto comune in Olanda. In pratica, si tratta di appartamenti ad affitto agevolato gestiti da società immobiliari private, con lo scopo di offrire a tutti la possibilità di vivere dignitosamente, in case belle e centrali. In passato le case popolari erano di proprietà del governo, e le società immobiliari si limitavano a gestirle. Dopo il 1995, però, la legge è cambiata, e queste società sono diventate delle vere e proprie imprese a scopo di lucro, che possiedono le case che affittano e ne riscuotono direttamente gli affitti. Per il cittadino però questo non comporta alcun disagio perché l'affitto rimane molto basso. Ogni città in Olanda dispone di un numero minimo di case popolari che è spesso molto alto: ad Amsterdam, L'Aia, Rotterdam e Utrecht le case popolari rappresentano circa il 50% delle abitazioni (!) (source: Wikipedia "Public Housing").

Ovviamente l'accesso a questi appartamenti è riservato a persone che rientrano in una determinata fascia di reddito, a studenti o ad altre categorie speciali. La lista di attesa è molto lunga, e spesso ci vogliono anni prima che venga il tuo turno. Per gli expat che hanno intenzione di fermarsi a lungo in Olanda, è consigliabile informarsi se si ha diritto a questo tipo di case ed eventualmente iscriversi al più presto alle liste di attesa.

Io sono stata fortunata perché ho la possibilità di subaffittare questo tipo di appartamento dalla ragazza che è titolare dell'agevolazione (è tutto legale, si tratta di una specie di contratto chiamato huisbewaarderschap, che in pratica dichiara che faccio da baby sitter alla casa fino a che l'affittuario non torna). L'affitto che le pagherà è più alto di quello che paga lei (il che in realtà non mi sembra molto giusto, ma la legge non è chiara al proposito), però include tutte le spese, i mobili, le stoviglie, ecc. Alla fine è ancora conveniente se comparato ai prezzi degli affitti qui a Utrecht, quindi mi sono detta "perché no".

Sono un po' impaurita da questo ennesimo cambiamento, soprattutto perché entrerò in casa solo al ritorno dalle ferie (avrei preferito farlo prima di partire, per sistemare le mie cose), ma alla fine sono sicura che andrà tutto bene. Continuate a seguirmi per ulteriori aggiornamenti!

Nel frattempo, vi auguro un felicissimo countdown fino a Natale :)

Linda


ta-daan! una esclusiva immagine della mia nuova casa ;)

mercoledì 4 dicembre 2013

Gli olandesi e il fritto

Gli olandesi vanno pazzi per i cibi fritti. Ovunque ti giri, fritto (e puzzo di fritto). Pensate che in casa mia abbiamo persino una friggitrice di quelle professionali. Insomma, si capisce che ci tengono se sono disposti a spendere addirittura i soldi per la friggitrice.

La mensa aziendale, va da sè, puzza di fritto anche nei giorni in cui non c'è il fritto. Che sono pochi.

Ora, non vi immaginate un bel fritto misto dei nostri. Qui si parla di roba chimica, che non vuoi sapere cosa c'è dentro. La lista di questi snack olandesi che si friggono è infinita, anche se a sapore e aspetto si assomigliano un po' tutti. Li puoi mangiare come aperitivo, con la birra, oppure infilarli in un panino e voilà, il pranzo è pronto.

Ecco una galleria degli orrori che ho scattato io stessa medesima (perdonate la qualità, sono fatte col cellulare, di fretta, perché mi vergogno ad interrompere il pasto ai colleghi...). Ovviamente queste meraviglie non erano nel mio piatto: non sono schizzinosa - anzi - e per principio quando viaggio io assaggio tutto. L'ho fatto con le repellenti teste di pesce in umido che mi hanno servito in Cina, e l'ho fatto anche in questo caso...ma ho deciso che queste specialità non meritano un secondo round. A meno di non avere lo stomaco forte e un radicato disinteresse per la salute delle proprie arterie. Ci sono tanti cibi generosi e onesti nella cucina olandese, che trovo deliziosi e che vi raccomando di assaggiare: le aringhe crude in salamoia (maatjesharing), i rookworst (wurstel affumicato), lo stamppot (patate lesse schiacciate con verdura), le gehaktballen (polpette di carne grosse come una palla da tennis) e la stupenda appeltart con cannella... Ma quando si tratta di sottoprodotti a base di scarti di carne, fritti fino a che non hanno più sapore ne' colore...mi dispiace ma passo...

Kroketten
Mexicano
Patat Speciaal (patate fritte con maionese, salsa al curry e cipolla cruda)
In secondo piano, nel cartoccio di plastica, potete osservare un fantastico frikandel (salsiccia fatta di scarti di carne, cartilagini e altra roba poco raccomandabile, a cui si dà il colpo di grazia friggendola).

Tra tutti i cibi fritti, a salvarsi sono solo le bitterballen: tipico snack da pub, sono polpettine di besciamella e funghi, il cui interno mantiene il calore ad una temperatura di circa 100° come i pomodorini di Fantozzi, e che si accompagnano con una deliziosa senape densa e cremosa. Queste ve le consiglio proprio se siete in Olanda e volete provare qualcosa di tipico!

Sulla sinitra, le mitiche bitterballen!

Per rendervi veramente conto di quanto gli olandesi amino il fritto, vi dico solo che esiste una catena di fast food chiamata Febo, che serve solo cibo fritto. A parte le patatine, che dovete ordinare al banco, tutti gli altri "cibi" fritti si trovano all'interno di un vero e proprio distributore automatico, dove inserite le monete, aprite lo sportellino, e prelevate la vostra prelibatezza fritta ancora calda. Quando vedete un capanello di gente in piedi, intenta ad azzannare delle crocchette, potete essere certi che avete trovato un Febo. Almeno una volta nella vita...è un'esperienza che vale la pena di essere vissuta!


Fonte foto: web

Già che ci sono, vi sparo un'altra carrellata di foto che hanno avuto molto successo quando le ho postate con Facebook. C'è addirittura chi mi ha chiesto di farne un album degli orrori. Tutte queste meraviglie sono amorevolmente fornite dalla nostra mensa. Non sono fritte, ma sono comunque cibi di un certo spessore. Buon appetito.

Zuppa di pomodoro con formaggio e panino inzuppato
Sandwich mezzo vuoto con frittata, prosciutto e ketchup


Panino con rookworst e senape (questo è buono)
Roba dolce e appiccicosa...ma il look...*sick*


martedì 3 dicembre 2013

Come ti coltivo l'arte

Questo sabato sono stata ad Amsterdam assieme a Mr. e Mrs. M, per visitare la Rijksakademie. No, non il Rijksmuseum (anche io ovviamente ho subito confuso). La Rijksakademie van beeldende kunsten (Accademia Nazionale di Belle Arti) è tutto il contrario di un museo, in quanto si dedica allo sviluppo e non alla conservazione dei talenti artistici.

Qua infatti non si accontentano di appendere opere già esistenti nei musei, ma cercano di coltivare i nuovi talenti, in modo da incoraggiare il futuro dell'arte. Si tratta di un approccio molto più moderno, lungimirante e costruttivo di quello Italiano, in cui l'arte moderna viene spesso vissuta con diffidenza, almeno a livello governativo, e condannata così ad essere appannaggio di una élite di esperti e appassionati. Perché la Rijksakademie, e questo è il punto, è finanziata in parte dal governo - per la precisione dal Ministero della Cultura, quello degli Affari Esteri, e il Comune di Amsterdam.

Per spiegare meglio di cosa si tratta, traduco alcuni brani che ho trovato sul sito della Rijksakademie

La Rijksakademie di Amsterdam (fondata per decreto governativo nel 1870) seleziona artisti di spiccato talento e appoggia il loro lavoro offrendo risorse artistiche, teoriche e tecniche di alta qualità. A questo scopo, attribuisce vitale importanza alla ricerca, sperimentazione e sviluppo di tecniche artistiche innovative.

(...) La Rijksakademie permette quindi di creare un ambiente ottimale in cui circa 50 artisti provenienti da tutto il mondo possono dedicarsi al processo creativo per un periodo massimo di due anni, contribuendo così a stimolare, ampliare e approfondire la loro carriera artistica, a livello sia personale che sociale.

Gli artisti residenti possono contare su una rete mondiale di contatti mantenuti dalla Rijksakademie. (...) Durante il loro soggiorno, gli artisti vivono spesso un notevole sviluppo creativo, ed il loro lavoro è spesso diventato parte di importanti collezioni ed esposizione quali la Biennale di Venezia e la dOCUMENTA di Kassel.

Il nome Rijksakademie, scelto nel 1870, è un riferimento alla Accademia classica, dove filosofi, accademici e artisti si incontravano per scambiare idee e conoscenza.  


Oltre ad offrire uno studio dove lavorare, e consulenti specializzati che possono aiutarli nel loro lavoro, la RIjksakademie fornisce agli artisti uno stipendio annuale di 12000 € e accesso ad appartamenti ad affitto agevolato.

Tutto questo dovrebbe essere di ispirazione al governo italiano, che siede sugli allori del nostro passato, e fa poco anche solo per proteggere il patrimonio già esistente.




















mercoledì 27 novembre 2013

Sinterklaas

Novembre sta quasi per finire, le giornate si sono fatte limpide e fredde, e la pioggia – anche qui in Olanda! – è ormai diventata rara. Sta arrivando l’inverno! E questo periodo di transizione in cui l’aria si fa pungente è probabilmente il mio preferito di tutto l’anno (...ma lo dico di ogni stagione).

Come ogni anno, indovino dai commenti esasperati su Facebook che in Italia sia ripartito – come sempre di buon’ora – il carosello natalizio che prevede (non necessariamente nell’ordine): pubblicità del pandoro Bauli come se non ci fosse un domani, confezioni regalo pacchiane con l’intramontabile combo zampone-lenticchie-parmigiano e contorno di lanugine dorata, alberi di plastica nelle vetrine dei negozi, illuminazioni intermittenti di dubbio gusto per le strade, e così via.

Non mentirò dicendo che qui no, qui il Natale non è una cosa commerciale. Lo è, ed è pure meno suggestivo, perché le decorazioni scarseggiano e le luci per le strade sono brutte, poche, senza senso (ghirigori a caso, numeri???). Ma attenzione, non c’entra la tanto discussa tirchieria: per gli olandesi in questo periodo l’attenzione non è rivolta al 25 Dicembre.

Questo succede in parte per questioni religiose: solo il 50% della popolazione si professa credente, e di questi molti sono protestanti (concentrati soprattutto al nord, mentre al sud prevale il cattolicesimo).
Ma la ragione principale per cui del Natale, qui, gliene frega il giusto, è che un elemento fondamentale di questa festa qua non esiste....

...preparatevi...

...Ebbene sì! IN OLANDA NON ESISTE BABBO NATALE!

Potete ben capire come, senza le confezioni custom della Coca Cola e la prospettiva di trovare i regali sotto l’albero, l’intera storia del Natale perda di attrattiva (abbiamo detto che si tratta di una festa commerciale, giusto? Giusto.). Ma gli olandesi sono persone a cui piace festeggiare, perciò ovviamente anche qui hanno una tradizione da celebrare.
La tradizione Olandese è quella di Sinterklaas, il nostro San Nicola. Le similitudini in realtà sono molte, ma ad essere divertenti sono appunto le differenze.

Tanto per cominciare, il signore in questione assomiglia molto a Babbo Natale, con la sua barba bianca e i vestiti rossi, solo che si tratta di...un vescovo. È buffo constatare la contraddizione per cui noi che abbiamo tutta la baracca del Vaticano andiamo matti per uno yankee vestito da una multinazionale, mentre i relativamente atei olandesi hanno un vescovo cattolico. Ma ormai nel Natale la religione c’entra poco, quindi possiamo anche fregarcene. San Nicola, che alla sua età non ama molto il freddo, vive in Spagna (mica scemo) e normalmente va in giro in birkenstock e beve sangria. Verso metà Novembre, però, prende una barca a vapore (dopo le brutte esperienze con Ryanair, ha detto basta agli aeroplani) e arriva in Olanda, dove (visti i prezzi dei treni), si sposta con il suo cavallo bianco Amerigo. Un cavallo talmente strafatto che sostiene di poter volare sui tetti. È accompagnato dai suoi aiutanti, gli Zwarte Piets ("Black Peters"), che sono neri e vestiti con degli coloratissimi abiti in stile moresco (avete presente quando Django si sceglie il suo primo vestito da uomo libero? Bene.).

In questo periodo si svolgono molte parate in cui Sinterklaas e i Piets distribuiscono dolci. I dolci più tradizionali sono i pericolosissimi pepernoten, venduti in confezioni da un chilo alle casse del supermercato per uno o due euro. Creano pesante dipendenza e le loro dimensioni ridotte – una moneta da 20 cent – fanno sì che tu dici “adesso prendo l’ultimo” e poi guardi il sacchetto e li hai finiti. Sono letali nella versione ricoperta di cioccolato.

Pepernoten

La festa ufficiale di Sinterklaas si tiene la notte del 5 Dicembre, quando i bimbi mettone le loro scarpe sotto il radiatore (in assenza di caminetto) con una carota per Amerigo e del cioccolato per i Piets. I Piets ovviamente fanno il lavoro sporco, e mentre Sinterklaas sta sul tetto scendono dal camino (radiatore?) per distribuire piccoli regali ai bimbi buoni, o sale a quelli cattivi. Di solito i regali sono accompagnati da una lettera di cioccolato con l’iniziale del nome del bimbo, e da una poesia in rima a lui dedicata. Per gli adulti la tradizione dei regali non esiste, ma rimane quella della lettera di cioccolato e delle poesie: molti la sera del 5 si riuniscono in famiglia o fra amici e si scambiano rime, spesso boccaccesche.

Sinterklaas fa il suo ingresso in città

Hot daddy
Piccoli Piets



















Fin qui come potete vedere le differenze sono poche. Le cose che mi hanno colpito, però, sono:

  1. Già da inizio Novembre, i bambini pretendono di andare in giro vestiti da Zwarte Piets: quindi con la faccia dipinta di nero e un cappello con la piuma. Se ne vedono talmente tanti in giro che ricorda il nostro carnevale...ma sono davvero molto teneri.
  2. Non c’è molto focus sul regalo. Da bambina, in classe da me consultavamo il catalogo della Mattel e ci sceglievamo regali tanto costosi quanto inutili (tra gli highlights ricordo un cane con la pancia che si apriva da cui tiravi fuori i suoi cuccioli-pupazzo). Qui mi sembra che ruoti tutto intorno ai dolci, alle parate per strada, al mettersi il capellino da Piet, alle poesie. E mi sembra molto più sano.
  3. i Piets sono neri, per cui l’Olanda viene costantemente accusata di razzismo. Quest’anno c’è stata addirittura una certa Verene Shepherd che, a capo di un gruppo di esperti dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, ha accusato il governo Olandese di razzismo e ha proposto di abolire gli Zwarte Piets. Non potete immaginare il casino...roba che in poche ore una pagina di Facebook per la salvaguardia degli Zwarte Piets aveva 2 milioni di like (e qui sono in 16 milioni). Gli olandesi si sono inventati che i Piets sono neri perché scendono dal camino. Il che è un po’ inverosimile. Però direi che non vale la pena interrogarsi sul perché siano neri, visto che adesso la cosa non ha la minima importanza per dei bambini che, anzi, pregano la mamma di dipingergli la faccia di nero.
"Order now Black Klaas and White Peter! (and let's not forget the white horse...)"

Detto questo, trovo i costumi degli Zwarte Piets piuttosto antiestetici...sarà che io odio le maschere fin da quando ero bambina. Danno comunque luogo a interessanti manifestazioni artistiche come le agghiaccianti foto qui sotto...



venerdì 15 novembre 2013

La cultura della bici

Oggi vorrei parlare di un elemento cruciale della cultura olandese: la bicicletta.

La bici è la prima cosa che vi serve se vivete in Olanda: io ci ho messo un po' a comprarla, ma ho inforcato quella della mia coinquilina dopo poche ore dal mio arrivo. Proprio perché è un'aspetto così forte e caratterizzante, suscita molta curiosità - se googlate "bike netherlands" sarete inondati da una quantità impressionante di siti, blog, articoli, video, foto e curiosità. Per vostra comodità, ho fatto già i miei compitini e ho setacciato la rete alla ricerca delle informazioni più interessanti da raccogliere in questo post.

Ci tenevo infatti a parlare di questo aspetto della vita in Olanda, perché come expat questo è stato decisamente, finora, uno degli highlights del mio trasferimento, e quello che mi dà maggiori soddisfazioni. È infatti molto bello, divertente e facile prendere la bici per andare ovunque: niente benzina, niente traffico, niente ZTL, niente problemi di parcheggio, niente più bus da aspettare e orari da controllare. Certo a volte pedalare in città può essere frenetico, soprattutto nelle ore di punta, perché ci sono moltissime bici concentrate sulla stessa pista ciclabile. Inoltre gli olandesi sono ciclisti esperti, e vanno come le sassate (come si dice da me), senza usare molta prudenza. L'impatto può intimidire un pochino chi è abituato a usare la bici in paesi dominati dalle auto o dagli scooter, e infatti la prima volta ho pensato "oddio" e mi son fatta il segno della croce. Ho anche rischiato di andare sotto un tram...ma questa è un'altra storia. In fondo ho fatto l'università a Forlì che dopo Ferrara è la "città delle bici" italiana.

UN PO' DI STORIA
Mi sono chiesta spesso quali motivi hanno reso la bici così popolare in Olanda. Una risposta ancora non me la sono data, ma di elementi favorevoli ce ne sono vari: il paesaggio è piuttosto "piatto", senza particolari asperità; le distanze sono relativamente brevi; gli olandesi sono un popolo frugale che ama tagliare i costi; la coscienza ecologica del popolo si è sviluppata ben prima che in altri paesi (in particolare negli anni '70).

Quello che non sapevo, e che forse non sapete neanche voi, è che negli anni '60 il boom economico che ha toccato tutta l'Europa aveva causato anche in Olanda, come in Italia, un aumento spropositato delle auto in circolazione, al punto da mettere a rischio il dominio - fino ad allora indiscusso - delle bici. Abitutati a pedalare indisturbati, gli olandesi si sono improvvisamente ritrovati a condividere corsie sempre più affollate con auto puzzolenti. La cosa era particolarmente critica per via della configurazione delle loro città: strade strette, canali, assenza di parcheggi, sovraffollamento. I centri urbani olandesi non erano un ambiente favorevole alla motorizzazione. Ma ovviamente tutti volevano un'auto, e la situazione era velocemente diventata critica, con un preoccupante aumento di incidenti in cui - ovviamente - a rimetterci erano i ciclisti. Per permettere al traffico di diventare efficiente si sarebbe dovuto riprogettare il paesaggio urbano: demolire case, ampliare corsie, trasfigurare insomma il profilo delle città.

Agli olandesi, tutto questo, non piaceva. Negli anni '70, perciò, si sono ribellati, e hanno detto basta: basta alle auto, basta all'inquinamento, basta agli incidenti. Sono scesi in piazza e si sono ripresi le bici. E da allora, le bici hanno dominato.

Se avete voglia di saperne di più sulla questione, c'è questo interessante documentario di 10 minuti che ho trovato su iamexpat.nl.


QUALCHE NUMERO
Analizziamo quindi la situazione attuale: in Olanda ci sono 16,77 milioni di persone, e più di 13 milioni di biciclette (alcuni dicono 20 milioni, ma è difficile tenere il conto delle bici, che nell'arco della loro vita vengono costantemente rubate, restaurate, perse, ritrovate, vendute....). Considerando che le persone più anziane e i bimbi molto piccoli non usano la bici, significa che tutti ne possiedono una. Nella sola Amsterdam, ci sono circa 780.000 abitanti e 881.000 biciclette: più di una a testa! Nel 2006 erano circa un milione, ma molte sono quelle che finiscono nei canali (ogni anno vengono ripescate dall'acqua tra le 12,000 e le 15,000 bici) e molte vengono rimosse dal comune quando vengono abbandonate per un tempo troppo lungo. Mettono un bigliettino di avvertimento con la data in cui la bici sarà rimossa, e se il giorno stabilito è ancora lì, viene tagliato il lucchetto e si porta via. Il proprietario può recuperarla ovviamente, ma solo pagando una penale di circa 25 €...



In Amsterdam, più del 60% degli spostamenti nel centro della città avvengono in bici. La percentuale resta significativa anche se si estende il calcolo all'intero perimetro urbano: 38%. Non stupisce se pensate che una città così relativamente piccola ha ben 400 km di piste ciclabili - e per piste ciclabili, qui, si intendono vere e proprie "strade" riservate ai ciclisti, spesso separate dalla carreggiata per le auto e con una segnaletica propria. Esistono addirittura delle "autostrade" per le bici che corrono in parallelo alle strade statali e collegano ogni città in Olanda e non solo: la rete valica i confini e arriva persino in Belgio e in Germania.

In media, gli olandesi effettuano in totale 14 milioni di spostamenti in bici OGNI GIORNO, ciascuno di circa 3,5 km. Vuol dire che l'intera popolazione copre OGNI GIORNO circa 50 milioni di chilometri.

UNA VITA IN BICICLETTA
Capite quindi come gli olandesi siano abituati a stare in sella, e va da sè che l'Olanda, pur essendo così piccola, vanti una presenza molto competitiva nell'ambito del ciclismo professionale. D'altra parte i bambini iniziano a pedalare da soli verso i 6 anni (o anche meno), e continuano a pedalare ogni giorno della propria vita, ben l'età della pensione (anche dopo i 65 anni, infatti, un quarto degli spostamenti avviene in bici).

Incredibili sono invece le cose che fanno con la bici: vi giuro che trasportano DI TUTTO. Sotto una gallery con cui potete rifarvi gli occhi dopo tutti questi numeri. Non sono foto mie, ma posso assicurarvi che 'ste robe le ho viste tutte. E anche di peggio. Tipo gente che trasporta uno stendino sottobraccio, o una lavatrice nel cassone della bici. Quanto ai bambini, ne trasportano con disinvoltura anche 3 o 4 - fa una tenerezza incredibile vedere sfrecciare queste testoline bionde, sballottate nel loro seggiolino, nel marsupio o nell'apposito cassone. Ovvio che abituati a correre su due ruote fin dalla nascita, poi prendere la bici tutti i giorni, con ogni tempo, e in ogni occasione, gli sembri scontato.











BICICLETTE PER TUTTI I GUSTI
Vi presento ora i modelli di bici più diffusi qui, le tipiche "bici olandesi" dall'aria vintage che fanno tanto hipster. Ce ne sono moltissime, ma i tipi di base sono quattro, tutti con i freni a retromarcia (ovvero non si frena con le mani ma pedalando all'indietro). Ci sono le omafiets (le classiche bici da donna), le opafiets (la versione maschile con la canna), le vouwfiets (quelle piegabili, che qui sono diffuse perché viaggiano gratis su treni e autobus) e le bakfiets (quelle col cassone davanti dentro alle quali mettono qualsiasi cosa: cani, bambini, piante, e lavatrici appunto).

PIMP MY BIKE 
Molti "pimpano" le loro bici in maniera creativa (e talvolta folle). Non si tratta solo di estro artistico: lo scopo è in grossa parte pratico. Uno, se hai una bici colorata o particolare è più facile ritrovarla in mezzo alle infinite file di rastrelliere (la stazione di Utrecht al momento ha 800 metri di parcheggi per le bici - a due piani - che tra l'altro risultano insufficienti, tanto che stanno facendo dei lavori di ampliamento). Due, una bici vistosa e facilmente riconoscibile non fa gola ai ladri. Ci sono infatti moltissimi furti: nella sola Amsterdam, spariscono più di 55.000 bici all'anno (!). Per questo è buona norma proteggere la propria bici con un doppio lucchetto: quello incorporato sotto alla sella per la ruota posteriore, e un catenaccio con lucchetto bello pesante per la ruota anteriore.


Vale anche la regola di comprare bici scassate per evitare di rimetterci troppi soldi - per gli olandesi infatti la bici è un oggetto, un mezzo di trasporto, e non ha valore affettivo. Non hanno nemmeno coscienza della bellezza della loro cultura della bici: per loro è normale, normalissimo*, pedalare dappertutto.

IL GALATEO DELLA BICICLETTA
Lo starter kit del ciclista olandese è essenziale: basta una bici. Non servono, e non sono obbligatori, ne' caschi ne' altro. Ci sono però delle regole: di notte bisogna avere una luce bianca davanti e una rossa dietro. Se le luci della vostra bici non funzionano, no problema - dappertutto vendono delle lucine portatili e rimovibili che potete attaccare sia alla bici che alla borsa. Altre regole riguardano l'etichetta stradale: le svolte vanno segnalate con il braccio. Però per essere cool bisogna farlo in maniera casuale, distratta, è da sfigati mettere fuori il braccio a mo' di bandiera!

Questa cosa del gesticolare in maniera elegante mi fa venire in mente un sito molto carino, amsterdamcyclechic, che è ispirato al sito danese copenhagencyclechic. L'idea alla base del sito originale, che ha riscosso grande successo, è quella di immortalare esempi di eleganza su due ruote e postare le loro foto sul sito, quasi fosse un blog di street style. Però sulla bici. Il fondatore del sito è di Copenhagen, altra città dove le due ruote la fanno da padrona. E c'è ovviamente anche un manifesto "Cycle Chic" che dovete rispettare se volete essere dei ciclisti cool: per esempio, è vietato indossare l'elmetto, abbigliamento sportivo, o roba catarifrangente. Il costo totale del vostro outfit deve essere superiore a quello della vostra bici (quindi attenzione a comprarvi bici troppo fighe da 400 o 500 €....). Bisogna accessoriare la bici con un corredino grazioso: campanello, cesto, catena, coprisella... E dovete impegnarvi ad migliorare il paesaggio urbano...a livello estetico!

Il motto di Cycle Chic è anche la regola più importante: Dress for your destination, not your journeyE infatti vedi uomini in giacca, cravatta e scarpe inglesi, e donne con gonna e decolléte, che pedalano disinvolti verso il lavoro. Io purtroppo da questo punto di vista mi faccio ancora condizionare...niente gonna (per paura del freddo), se vedo una nuvola in cielo infilo automaticamente degli stivaletti pesanti, mi avvolgo la sciarpa fin sopra il naso e mi imbacucco in un parka foderato di pelliccia sintetica (grazie Zara).
Spero di portare presto su qualche pezzo carino del mio guardaroba, che è ancora quasi tutto a Bologna, per mostrare un po' di Italian Style al vicinato...

LINDA & LA SUA BICI
Vi lascio con una chicca: il video della mia pedalata quotidiana da casa fino alla stazione. La qualità non è un granché, ma capirete che io non ho una go-pro, quindi ho semplicemente scotchato l'iPhone al manubrio (sto ancora cercando di togliere le tracce di colla). Il sistema si è rivelato imperfetto, infatti vedrete che l'inquadratura scende piano piano, fino a includere il campanello...però devo dire che non mi dispiace. Resistete fino alla fine, che sono solo 10 minuti, e negli ultimi si vede Mr. M che si fa portare in stazione sul portapacchi di un collega! Da vero olandese, fa anche il "saltino sul sellino" con la bici in movimento, che è proprio roba da fuoriclasse (dovrebbero metterlo nel manifesto di Cycle Chic!). Perché non sia cool sedersi sul sellino da fermi, non lo so, ma si vede che anche gli olandesi hanno i loro fashion dictat...a noi i rayban e le polacchine clarcks, a loro il saltino sul sellino. Mi sembra onesto.



Aggiornamento delle 9.53 del 15/11
Ho scritto questo post ieri sera. Stamattina, durante il mio solito tragitto, sono caduta dalla bici. Forse la prima regola del Bike Club è "You do not talk about Bike Club".




*Marialuce LoL

Google Translator