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lunedì 16 dicembre 2013

Expat Interview #1: Margherita, Psicologa, Olanda

Ciao a tutti, spero che abbiate passato uno splendido weekend!

Oggi diamo il via a quello che spero diventi un appuntamento fisso del blog...le expat interviews. Non è certo un'idea originale, ma ho pensato che sarebbe stato bello dare spazio in questo blog alle storie di chi è partito, e scoprire cosa ha trovato. Per chi parte o per chi resta, non fa differenza: condividere queste storie è un modo per trovare ispirazione o semplicemente per comprendere meglio un fenomeno che è più vecchio del mondo, ma non smette mai di far discutere. È un modo per lasciare una traccia, raccontarsi, e vedere come la vita si sviluppa in modo sempre imprevedibile e diverso per ciascuno di noi.

Nelle interviste tratteremo i motivi che hanno spinto questi ragazzi a partire, e ci racconteranno cosa hanno effettivamente trovato una volta arrivati - sia a livello personale che professionale. Anche se escludiamo il fattore "expat", credo sia sempre affascinante ascoltare il racconto del viaggio che ognuno di noi compie nella vita...spero quindi che vi appassioni e che troviate qualche spunto di riflessione!

Nelle interviste cercheremo di trattare non solo il tema (un po' bollito) dell'essere expat. Visto che la maggior parte delle persone che conosco all'estero fanno dei lavori piuttosto interessanti, ci saranno anche domande relative alla loro professione.

L' "onore" della prima intervista va a Margherita, una giovane e in gambissima psicologa dell'infanzia che vive ad Utrecht, in Olanda. Ci racconterà del suo viaggio - da Verona a NY, e da lì a Utrecht - e ci farà riflettere su un argomento molto complesso quale quello della psicologia forense, ambito della sua specializzazione.

Se sei o eri un expat e ti piacerebbe essere intervistato, contattami attraverso il mio sito personale lindadellomo.com ... grazie!



Q. Ciao Margherita! Ti va di raccontarci un po' di te?
A. Ciao Linda! Sono nata e cresciuta a Verona, dove ho vissuto per quasi tutta la mia vita. Amo tornare nella mia città, camminare sul Ponte Pietra, vedere la mia famiglia e i miei amici, respirare vecchi ricordi in ogni angolo della città. Provo a tornare più spesso che posso!
Amo moltissimo viaggiare, in parte perché ti permette di scoprire come le persone sono diverse in base al posto in cui vivono. Adoro cucinare per gli amici, e ascoltare i loro racconti ed esperienze. Forse è per questo che ho studiato psicologia, perché sono così interessata alle persone!
Nel 2007 mi sono trasferita negli Stati Uniti, spinta dal desiderio di esplorazione. A New York ho conosciuto Marco, e ci siamo sposati con una cerimonia molto intima e divertente nella City Hall. Circa un anno fa siamo tornati in Europa, ed ora eccoci qua, happy expats in the Netherlands!

Q. Sei una expat con un sacco di esperienza alle spalle: prima New York, adesso l'Olanda. Com'è stata la tua "prima volta"? Qual'è stato l'impulso che ti ha spinto a partire? 
A. Credo di aver sempre saputo che prima o poi avrei lasciato l'Italia per vivere una nuova esperienza, e l'idea si è trasformata in realtà nel 2007. Una vecchia amica mi ha chiamato per dirmi che sua cugina a NY stava cercando una ragazza che si prendesse cura dei suoi due gemelli di 3 anni. Così sono partita! È stata un'esperienza davvero piacevole, dovevo stare qualche ora con i bimbi ogni pomeriggio, ma il resto del tempo ero libera. Il primo mese non conoscevo nessuno, quindi ho camminato in lungo e in largo esplorando la città. Era inverno, faceva freddissimo, era bellissimo...riesco ancora a provare la sensazione di quei primi passi nella città...che emozione! Poi ho iniziato un corso di inglese, dove ho conosciuto i miei primi amici, e ho iniziato a guardarmi intorno alla ricerca di un master da seguire…poi ho conosciuto Marco e tutto il resto è venuto da sè. Abbiamo vissuto a NY per quasi 6 anni! 



Q. Perché non sei tornata in Italia dopo gli Stati Uniti? E perché hai deciso di vivere proprio in Olanda?
A. Beh, penso che una volta che hai vissuto all'estero, inizi a vedere in modo più chiaro alcuni aspetti del tuo paese che già conoscevi. Spero, tra le altre cose, di poter perseguire una carriera accademica, e sinceramente non me la sento di combattere invano in Italia, dove la meritocrazia al momento non è che un concetto. Abbiamo scelto l'Olanda perché volevamo essere vicini all'Italia, e non dover imparare una nuova lingua...e qui tutti parlano inglese. Siamo molto contenti della nostra scelta! 
Ma in ogni caso prima o poi vorrei tornare in Italia. È da 7 anni che dico che in futuro vorrei rientrare. Ma più tempo passa, più dubito che questo accadrà mai. 

Q. Immagino ci sia una bella differenza tra vivere in una grande città come NY e una città relativamente piccola come Utrecht. Quali sono i vantaggi e gli svantaggi?
A. New York è davvero incredibile. È un vortice, ti porta in una dimensione unica. Se penso che ho avuto la possibilità di vivere lì per 6 anni, mi sento davvero privilegiata. NY mi ha dato un sacco. Ma non penso che avrei potuto vivere là per tutta la mia vita. 
Insieme a Marco abbiamo deciso che avevamo bisogno di un posto più tranquillo, meno stressante. Quindi adoro Utrecht! È una città piccola, come la mia Verona, ma ha una bella energia, è vivace e piena di studenti. Amo anche NY, è la mia seconda casa, e lo sarà sempre. Ma ho fatto tutto quello che dovevo fare, ho vissuto tutto quello che dovevo vivere, e credo che il mio tempo là fosse scaduto. Mi mancano un po' i miei posticini, le mie strade, e l'atmosfera, ma non mi manca la vita che avevo. Quello che davvero mi manca, in realtà, è la possibilità di dedicarsi ad una sana, compulsiva, appagante sessione di shopping! I negozi qui non sono belli come in Italia o NY.   

Q. Sei una psicologa dello sviluppo con specializzazione in psicologia forense. Quanto ha influito il fatto di essere expat sulla tua carriera? Credi che il fatto di vivere fuori dall'Italia abbia agevolato la tua carriera?
A. Mi sono laureata in Italia con la vecchia laurea magistrale di 5 anni, e devo dire che non la cambierei per nulla al mondo! Durante il master in Forensic Psychology negli Stati Uniti mi sono infatti resa conto che la mia preparazione era più vasta e approfondita di quella dei miei colleghi. All'estero c'è grande considerazione per gli studenti e i ricercatori italiani. Più volte mi è stato detto che noi Italiani veniamo visti come dei gran lavoratori, con un cervello fino. Negli Stati Uniti ho acquisito delle competenze più pratiche, ho avuto la possibilità di applicare quello che ho studiato a delle situazioni reali - in questo penso che siano loro ad essere avanti

Q. Quali sono adesso i tuoi piani per il futuro?
A. Ho vari obiettivi professionali. Oltre alla pratica di psicologa, sto lavorando ad una proposta di PhD sulle testimonianze dei bambini in tribunale. È un argomento che ho studiato per molti anni, prima in Italia, poi negli Stati Uniti, e adesso sto cercando di estendere il focus all'Europa. È un argomento che mi sta molto a cuore, e penso che ci sia un profondo bisogno di una maggiore comunicazione tra psicologi e assistenti sociali da un lato e avvocati e giuristi dall’altro. Anche se ci vorrà del tempo prima che si presenti l'occasione di entrare a far parte di un programma di studi, sono determinata a farlo, non importa quanto ci vorrà. Spero quindi di riuscire ad ottenere un posto!
Oltre a questo, sto portando avanti un progetto insieme a due colleghe. Non voglio dire altro, perché siamo ancora in fase di pianificazione, ma sarà incentrato su dei servizi per le donne e le madri migranti. Staremo a vedere!

Q. Se dovessi tornare in Italia, quali saranno gli effetti sulla tua carriera?
A. Spero davvero che le cose cambino nei prossimi anni, ma se dovessi rientrare adesso, so che dovrei rivedere i miei progetti e obiettivi. E questa è appunto la ragione per cui sono qui e non lì. Non sto dicendo che qui è tutto facile, ma almeno qui hai la sensazione (che è poi la realtà) che se lavori sodo, puoi ottenere tutto quello che vuoi (più o meno!).  

Q. Visto che abbiamo la possibilità di avere un parere professionale, ti faccio una domanda relativa alla psicologia infantile: come credi che i figli di expat vivano questa loro esperienza? Mi sono spesso chiesta se il fatto di vivere all'estero non sia un vantaggio per loro, essendo esposti a culture e lingue diverse in tenera età. Ma non potrebbe anche causare confusione o farli sentire insicuri?
A. Non direi che vivere all’estero possa sempre essere visto come un vantaggio, dipende dale situazioni, ma in alcuni casi puo’ senza dubbio essere considerata un’esperienza positiva. Questi bambini hanno la possibilità di sperimentare due, a volte tre culture diverse, e questo migliora le loro capacità di adattamento. I loro genitori però devono prestargli maggiori cure e attenzione di quanto avviene in una famiglia "comune". Le sfide si possono superare, insieme, ma è importante che i genitori capiscano che non devono lasciare soli i loro bimbi nell'affrontarle. Un bambino di 5 anni che cambia routine, lingua, amici, ma anche il clima e i cibi a cui era abituato, ha bisogno di essere accompagnato in questo percorso. Altrimenti potrebbe sentirsi disorientato e diventare più ansioso o volubile. Non è però magari in grado di esprimere questo malessere con le parole, quindi i genitori expat devono fare più attenzione alle piccole cose. 

Q. Parliamo di radici. Cosa significa per te essere Italiana? Cosa pensi della situazione attuale nel bel paese? E come pensi che gli italiani all'estero possano contribuire a migliorarla? Nel senso che...ci sono molte persone che pensano che, per aiutare, devi restare in Italia.
A. È una domanda che mi faccio tutti i giorni: “Non dovrei essere in Italia, invece che qui, a lamentarmi e a sentirmi triste per il mio paese?".
Sinceramente, non lo so. Le persone che conosco, gli articoli che leggo, le voci che mi arrivano, puntano tutti verso un cambiamento globale e profondo. Ma è da 15 anni che è sempre la stessa storia. Abbiamo sprecato ogni elezione, ogni occasione per fare qualcosa. Non sono una ragazzina, ho viaggiato, mi sono trasferita due volte, e ogni volta è come ricominciare da capo. Non me la sento di ricominciare in un paese dove i miei diritti (di lavoratrice, donna, e un giorno madre) non sono per niente tutelati. Un paese dove la disparità fra i sessi è ancora una realtà inaccettabile, dove per lungo tempo le donne sono state considerate con standard diversi da quelli maschili, dove non c'è rispetto per i miei amici gay. Non sto dicendo che l'Italia è tutta qui. Anzi, credo e spero che qualcosa stia cambiando, ma, egoisticamente, non ho tempo di aspettare che fra - forse - 4 anni le cose siano migliori. Quando sono partita non pensavo che sarei rimasta all'estero. Ma poi non ho trovato nessun motivo per tornare. 

Q. Un'ultima domanda… Se potessi tornare indietro, c'è qualcosa che cambieresti?
A. Tendo a non avere rimpianti, penso che ogni scelta che ho fatto fosse la migliore nel momento in cui l'ho fatta, considerando che persona ero in quel momento e a quale punto della mia vita ero. Quindi, no, non cambierei niente!

Grazie Margherita per il tempo che ci hai dedicato e per le tue risposte così profonde e interessanti. Abbiamo toccato alcuni argomenti molto importanti che varrebbe la pena approfondire...ma sono contenta che almeno abbiamo dato qualche spunto a chi leggerà questa intervista. In bocca al lupo per tutti i tuoi progetti, spero di intervistarti di nuovo una volta avviati!

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