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martedì 29 aprile 2014

Easy Riders

Per quanto riguarda i trasporti, olandesizzarsi è la cosa migliore che possiamo fare per il nostro pianeta.

Da quando sono qui, mi sono resa conto di quanto pigri siamo nel Bel Paese, e di quanti inutili viaggi compiamo in auto o motorino, sprecando benzina e causando inquinamento. Nella maggior parte dei casi la distanza non è tale da giustificare un viaggio in auto; ma magari piove, magari fa freddo, oppure l'autobus puzza, o abbiamo un trolley, e ci sentiamo giustificati a rifugiarci nel caldo abitacolo della nostra Panda / Audi / Prius / Whatever.

È vero che in Italia abbiamo tanti bei colli, colline e monti che non rendono facile l'avventura del ciclista amatoriale. È vero anche che il traffico caotico e l'assenza di piste ciclabili rendono l'esperienza della bici in città abbastanza spaventosa, se non pericolosa. Ma prendiamoci un attimo per pensare ai vantaggi che trarremmo da un aumento delle biciclette, e ricordiamocene la prossima volta che dobbiamo scegliere un rappresentante politico (non parlo di alte cariche, ma di sindaci e consiglieri comunali: sono loro gli unici ad avere interesse a cambiare le cose a livello locale).

Un cittadino ha il diritto di chiedere, e non dobbiamo rassegnarci a leggere programmi politici già scritti: chiedete, proponete, petizionate, rompete le scatole. E scrollatevi di dosso la comodità della macchina o del motorino - gli inverni italiani non sono poi così freddi in confronto al Nord Europa, eppure a Berlino, Amsterdam o Copenhagen la gente va a giro in bici anche sotto la neve.

Il cambiamento non arriva da solo. Il cambiamento siamo noi!

Sotto un esempio di come andare a prendere un amico in stazione, con trolley annesso, è facile e divertente anche se si ha una bici sola. Gli olandesi in questo sono dei campioni, ma come vedete anche noi terruncielli, se ci applichiamo, non siamo da meno (photo & video courtesy of Sove).



lunedì 28 aprile 2014

Koningsdag 2014

Buongiorno e buon lunedì! Cosa avete fatto di bello per il vostro finesettimana?

Qui si trattava di un weekend speciale: quello del King's Day.

Di cosa si tratta? Ve lo racconto scopiazzando le parti storiche da Wikipedia. Il Koninginnedag ("Giorno della Regina") è (era) la festa nazionale dei Paesi Bassi, celebrata fino all'anno scorso il 30 Aprile, nel giorno del compleanno della (ex ex) Regina Giuliana.

Quest'anno invece del Queen's Day abbiamo festeggiato il primo King's Day. Infatti il 30 Aprile 2013 la regina Beatrix ha abdicato in favore del figlio Willem-Alexander, il primo discendente maschio della casata Oranje-Nassau dall'istituzione della festa nel 1885. La festa è stata così rinominata Koningsdag ("Giorno del re") e spostata nel giorno del compleanno di Willem, ovvero il 27 Aprile. Siccome per tradizione la festa non viene celebrata di domenica (probabilmente per permettere a tutti di godersi una delle poche bank holiday olandesi), quest'anno è stata anticipata a sabato 26 Aprile. Una ulteriore conferma della praticità degli olandesi, che pur di non sprecare una occasione di divertimento non esitano a chiudere un'occhio: anche la data precedente, il 30 Aprile, non era il giorno del compleanno di Beatrix, ma era stata mantenuta per comodità anche dopo l'abdicazione di sua madre Giuliana, visto che il compleanno di Beatrix cade il 31 Gennaio, e il freddo pungente non avrebbe permesso gli scatenati festeggiamenti.

Per confondervi ancora di più le idee, la prima "edizione" del Koninginnedag o Koningsdag, il 31 Agosto 1885, si chiamò Prinsessedag ("Giorno della Principessa") e si tenne in occasione del quinto compleanno della principessa Guglielmina. Anche gli olandesi, come i romani, avevano capito che il modo migliore per promuovere il senso di unità nazionale è la vecchia pratica del "panem et circenses".

Il Koningsdag è anche l'unico giorno in cui non sono richieste autorizzazioni per vendere merci per strada (Vrijmarkt o "free market"). Se avete letto i post relativi alla passione degli olandesi per la roba di seconda mano, capirete l'eccitazione con cui svuotano le cantine durante il Vrijmarkt, cercando di vendere qualsiasi tipo di cianfrusaglie ai passanti. La cosa più bella del Vrijmarkt è che la gente si accaparra porzioni di marciapiede fin dalla sera prima, per poter allestire il proprio banchetto (più probabilmente un telo su cui spargere disordinatamente oggetti randomici). Lo fanno delimitando lo spazio con dello scotch o del gessetto, e scrivendo il loro nome al centro. Fantastico, se ci pensate: in Italia una bella piazzola in posizione strategica verrebbe sicuramente usurpata tramite rimozione dello scotch - qui no.

I festeggiamenti del Koningsdag attirano ogni anno una media di due milioni di visitatori nella sola Amsterdam. Ma in cosa consistono esattamente? Immaginate una città trasformata in una enorme zona pedonale. Immaginate una marea di persone vestite di arancione. Immaginate infiniti banconi che servono birra in bicchieri di plastica. Immaginate chiatte e barchette piene oltre il limite di gente ubriaca che balla al ritmo di casse oversized. Immaginate ponti sbarrati da festaioli che ti costringono a fare il limbo per attraversare. Immaginate esibizionisti che trasformano il balcone di casa in un cubo, e il marciapiede sottostante in una discoteca. Immaginate che ogni angolo di strada sia occupato da gente che vende vinili, posaceneri, barbie rapate a zero e delicate tazzine da té. Immaginate soprattutto che siano tutti alticci (nel migliore dei casi), e pile di pattume alte mezzo metro.

Il tutto però senza essere molesti, senza litigi, senza spinte o gomitate, e con un numero sorprendentemente limitato di gente che sbocca o sta male (io ne ho visti solo due). E strade sgombre e pulite già il mattino successivo. Mica come alla santificazione di Giovanni Paolo II...

Nei giorni precedenti alla festa il paese si tinge di arancione, colore tradizionale della monarchia olandese, in un fenomeno detto Oranjegekte. Dolci glassati color arancione, panna arancione, tutto in versione arancione. Ho passato mezz'ora a cercare la birra al supermercato perché pensavo che l'avessero rimpiazzata con scaffali pieni di aranciata.

Anche io e G eravamo ovviamente vestiti di arancione. E da italiana lasciate che ve lo dica: nonostante quest'anno l'abbiamo visto dappertutto, dalle passerelle della P/E ai Golden Globes (Alberta Ferretti, Monique Lhuillier, Stella McCartney...), è il colore più orribile del mondo da indossare (soprattutto quando non sei al mare, non sei abbronzata, non hai lo stylist di Cate Blanchett, Emma Watson e Lupita Nyong'o e sai che finiranno per rovesciarti addosso una birra).

Godetevi qualche foto meno glamour, anzi direi proprio scadente, fatta col cellulare - non era proprio l'occasione giusta per portarsi dietro la reflex...


Utrecht

Amsterdam

Amsterdam







venerdì 25 aprile 2014

Amici

Aprile, dolce aprile! Che mese speciale...

Ho sempre amato questo periodo dell'anno: il primo sole, i fiori, l'aria tersa, le pioggerelline leggere... Chi non ama la primavera? Questo mese però, quest'anno, si è rivelato particolarmente generoso.

Ogni fine settimana abbiamo ricevuto la visita di persone care, ogni fine settimana abbiamo esplorato questo paese che ci ospita, scoprendo le gioie semplici e naturali che ha da offrire.

Prima è stato il turno dei miei, con la loro macchina carica di cose buone e la loro energia. Siamo andati a Kinderdijk (vi ricordate il post precedente?) e al Keukenhof (post in arrivo!). Non avevo ancora finito di post-produrre le foto dei giorni trascorsi con loro, ed ecco che un nuovo weekend è arrivato, insieme a due dei nostri più cari amici che vivono a Londra. E non è finita, perché oggi rivedrò altri due dei miei migliori amicici!!!

Sono felicissima. Felice che la distanza non abbia intaccato il rapporto con le persone a cui voglio bene, e fortunata ad avere intorno persone così belle. Felice anche che questo paese abbia così tanto da offrire nel tempo libero - certo, non c'è il nostro mare, non c'è il nostro sole, non ci sono gli spaghetti allo scoglio, ma per quelli a cui piace stare all'aperto e godersi la natura, le opzioni sono tantissime.

La domenica di Pasqua, per esempio, abbiamo noleggiato una barchetta e vagato tutto il pomeriggio per i canali dentro e fuori Utrecht. Pare essere il passatempo preferito dagli olandesi quando c'è il sole: prendere la barca con gli amici e girovagare per i canali, birra in mano. Anche noi, da veri Dutch, ci siamo portati delle Heineken ghiacciate, ma abbiamo dato al tutto un tocco italiano con svariate fette di pecorino, prosciutto e salamino toscani (grazie mamma e babbo). Sabato invece siamo andati ad Amsterdam, una Amsterdam baciata dal sole, e abbiamo ammirato la gente estasiata che improvvisava picnic: i più organizzati a bordo -ovviamente - di una barca, i più rustici sull'argine del canale, i più bohémien sul marciapiede, i più pigri sui gradini della porta di casa. L'importante, come sempre qui in Olanda, è STARE FUORI e GODERSI IL SOLE.

Ecco qualche foto, sperando che vi metta il buon umore come a me.






















giovedì 17 aprile 2014

I 19 Mulini di Kinderdijk

Ho pensato che questo è un blog sull'Olanda, ma che finora di stereotipi come mulini, zoccoli di legno o tulipani se ne sono visti pochi.

Ho deciso di rimediare. Quindi preparatevi ad una badilata di mulini in questo post.

Antefatto: la settimana scorsa i miei genitori sono venuti a trovarmi, al culmine di un road trip partito da Firenze, che ha toccato l'alta Provenza e la città di Bruges in Belgio. Erano carichi come molle e determinati ad esplorare ogni remoto angolo dell'Olanda (non che sia difficile considerando le dimensioni) - insomma mi hanno fatto girare come una trottola e prosciugato di tutte le energie.

La prima tappa di quei giorni, di cui parleremo in questo post, è stata Kinderdijk, un paesino a circa 15 km da Rotterdam. Nel 13° secolo questa zona era paludosa e impraticabile, per cui gli olandesi, da sempre determinati a reclamare più terrà possibile alle acque, vi costruirono una serie di vasti canali detti weteringen, allo scopo di controllare il livello dell'acqua. Visto che questo non bastava a tenere il suolo all'asciutto, attorno al 1740, come ulteriore precauzione, decisero di costruire 19 mulini che aiutassero a controllare il livello d'acqua nei canali, pompando l'acqua in un bacino.

I 19 mulini, così assiepati, formano un panorama tipicamente olandese (almeno per le nostre menti di non-olandesi) e sicuramente non assomigliano a niente che io abbia visto prima. Al momento i mulini sono stati dismessi, soppiantati da due enormi pompe a motore, e se ne stanno immobili nel panorama piatto e spoglio. Non sarà niente di eccitante, ma vale la pena di noleggiare una bici e pedalare per gli stretti sentieri tra i canali, affollati di papere, svassi e altri uccelli di cui non ricordo il nome che mio Babbo continuava a indicarmi e fotografare.

Dal 1997 i Mulini di Kinderdijk sono Patrimonio dell'umanità dell'UNESCO.

Eccovi un po' di foto. Disclaimer: sono 19 mulini, aspettatevi precisamente questo. E molte papere.













lunedì 14 aprile 2014

NBA e Olanda

Lo sapevate che gli Stati Uniti e l'Olanda sono profondamente legati? Che New York in origine si chiamava New Amsterdam? E che la squadra di basket dei New York Knicks deve il suo nome ai primi, eleganti coloni olandesi?

Io sapevo di New Amsterdam, ma non immaginavo che l'influenza olandese negli USA fosse così profonda e toccasse aspetti apparentemente così ammerigani come la NBA. A questo proposito vi riporto un articolo molto completo e pieno di curiosità di Daniele FANTINI ,pubblicato su Eurosport, e segnalatomi ovviamente da G (io come potete intuire non sono una assidua lettrice di Eurosport).


1614. Sono passati novant’anni dalla prima esplorazione documentata di Giovanni da Verrazzano della zona ora conosciuta come New York, quando un piccolo gruppo di coloni olandesi si stabilisce sulla punta meridionale dell’isola di Manhattan fondando un piccolo centro commerciale per la vendita di pellicce. La leggenda vuole che comprino l’isola per la classica manciata di vetri colorati (oppure 60 fiorini dell’epoca, fate voi…) dalla tribù autoctona deiLenape diventando così padroni di una distesa di prati, paludi, acquitrini, fiumiciattoli e ghiaccio, tanto ghiaccio nei mesi invernali da rendere complessa - se non impossibile - la navigazione: l’insediamento viene battezzato Nuova Amsterdam, ma presto rinominato New York in onore del Duca di York e Albany quando, cinquant’anni dopo, la città si arrende senza combattere agli inglesi. I diritti sulla zona vengono ceduti alla corona britannica in cambio dell’isola di Run, in Indonesia, al tempo una colonia molto più profittevole. Appunto, al tempo.
La città si sviluppa così come Nuova York, ma nonostante le varie vicissitudini diplomatiche che la portano a essere controllata dalla corona britannica fino alla Rivoluzione americana, la vecchia aristocrazia olandese continua a svolgere un ruolo fondamentale all’interno della società. Nel 1809,Washington Irving, illustre scrittore e saggista dell’epoca, pubblica un romanzo satirico, History of New York, in cui descrive in maniera salace le peculiarità dei patrizi olandesi: il personaggio principale è Diedrich Knickerbocker, nome preso in prestito da Herman Knickerbocker, un suo caro amico, ultimo discendente del clan dei Knickerbocker.
Giunta in America da Zaltbommel sul finire del 1600 sotto la guida del capostipite Harmen Jansen, la famiglia Knickerbocker aveva poi ricevuto cinquanta acri di terra a Schaghticoke Creek, dove aveva fondato una magione divenuta poi famosa per il lusso, l’ospitalità e le buone maniere. History of New York segna uno spartiacque fondamentale per la storia sociale della città: da quel momento in poi,Knickerbocker diviene sinonimo del vecchio aristocratico olandese e dei suoi modi raffinati di fare e di vestire. In particolare, Knickerbocker (o knickers – nella versione più colloquiale) viene utilizzato per descrivere i classici pantaloni nobiliari dell’epoca, corti sotto il ginocchio e molto larghi e cascanti in vita: per rendere l’idea, in italiano li chiamiamo pantaloni alla zuava.
Tra New York e la parola Knickerbocker si forma una simbiosi totale, tanto che, nel 1842, quando Alexander Cartwright fonda a Manhattan la prima squadra organizzata di base ball, il precursore dell’odierno baseball, decide di chiamarla New York Knickerbockers. Debuttano il 19 giugno 1846 a New Jersey, perdendo 23-1. Ma, esattamente cento anni dopo, lo stesso nome verrà ripreso da un’altra franchigia che, questa volta, farà la storia di un altro sport. Quello della palla a spicchi.
Il padre è Ned Irish, un giornalista temerario e iperattivo che porta il grande basket collegiale a livelli di esposizione, interesse e apprezzamento mai visti prima: nel 1934 viene nominato direttore degli eventi sportivi di pallacanestro della prima versione del Madison Square Garden, palazzo che riuscirà costantemente a riempire per una dozzina d’anni organizzando una lunga serie di sfide tra le Università. Irish, però, si rende presto conto che il pubblico di New York – e degli States, in generale – è pronto per una pallacanestro di livello superiore, una pallacanestro di professionisti, e nel 1946 riceve dalla BAA (la Basketball Association of America) la licenza per fondare una squadra nella Grande Mela.
Al momento della scelta del nome, il primo staff dirigenziale si riunisce in una stanza: ognuno, a turno, inserisce un bigliettino di carta in un cappello. Si procede all’estrazione, e ne esce Knickerbocker,presto accorciato in Knicks. Il primo logo della squadra, da subito arancio e blu, i colori che la contraddistinguono ancora oggi, è il Father Knickerbocker, un disegno stilizzato di un antico colono olandese con cappello a tricorno, parrucca, ghette, mantello e, ovviamente, gli immancabili pantaloni alla zuava. Ah, e con una palla da basket in mano, of course.
Il 1° novembre 1946 i New York Knicks giocano la loro prima partita (nonché la prima della neonata BAA, l’antenata della NBA): vincono 68-66 al Maple Leaf Gardens di Toronto, contro gli Huskies, franchigia che non avrà la loro stessa fortuna nel futuro.
(Articolo originale qui)

mercoledì 2 aprile 2014

Den Haag

Sabato siamo andati a fare una gita a Den Haag o, come diciamo in Italia, L'Aja. Copio da Wikipedia: "L'Aja è una città di circa 500.000 abitanti dei Paesi Bassi, sede del governo dello Stato, pur non essendone la capitale, che è Amsterdam. Terza città per grandezza dei Paesi Bassi*, è anche una municipalità situata nella provincia dell'Olanda Meridionale. Dal 1831 è anche residenza della casa reale olandese."
*Dopo Amsterdam e Rotterdam

Den Haag si trova sulla costa olandese ed è equidistante da Utrecht e Amsterdam, a solo 60km da entrambe. Da Amsterdam la raggiungete con 50 minuti di treno, da Utrecht ci vogliono meno di 40 minuti - quindi è fattibilissima come gita di mezza giornata se vi trovate in una di queste due città.

Noi siamo partiti da Utrecht con calma verso mezzogiorno e abbiamo ripreso il treno alle 18.30, e abbiamo avuto il tempo di girare per il centro, vedere le principali attrazioni, pranzare all'aperto e fare anche merenda.

Siamo capitati (senza ovviamente averne idea) nel bel mezzo delle celebrazioni per i 200 anni del regno d'Olanda. Proprio quel giorno, proprio a Den Haag, si teneva uno dei 6 eventi programmati per l'occasione, quello relativo all'adozione della Costituzione nel 1814. C'era quindi una gran folla, si entrava gratis nei musei e nei palazzi amministrativi (avendo la pazienza di aspettare in fila per 3 ore), c'erano militari che distribuivano dolcetti (fa ridere, ma è vero), e in generale c'era un gran canaio, come si dice da me, ma molto più organizzato e civile di qualsiasi evento sociale italiano.

In generale ci è sembrata una città molto bella, diversa da Utrecht e Amsterdam con i loro canali e le casette lunghe e strette del 17° secolo, molto più moderna e ricca. Poco distante dalla stazione centrale sembra quasi di non trovarsi più in Olanda, ma in una metropoli come New York, perché camminando verso il centro si incontrano grattacieli e paesaggi molto urbani. Ci sono edifici sofisticati come quello della City Hall, progettato dall'architetto americano Richard Meier e soprannominato "il cigno bianco" o "il palazzo di ghiaccio" per via della sua superficie candida. Mi ha un po' ricordato l'Opera House di Oslo, ed è davvero molto bello, soprattutto grazie all'effetto che si crea con la Music Hall dall'altro lato della piazza, tutta fatta di specchi.

Mi hanno detto che ancora più estremo, in questo senso, sarà l'impatto con Rotterdam, che essendo stata rasa al suolo durante la seconda guerra mondiale e ricostruita da zero negli anni successivi, è un tripudio di grattacieli, vetro, e acciaio.

Complici il sole e gli oltre 20°, era davvero piacevole stare fuori. Sarebbe quasi valsa la pena di andare a Scheveningen, una lunga spiaggia ventosa molto amata dagli olandesi a soli 6 km dal centro di Den Haag - che mi dicono costellata di baretti pacchiani - ma ce lo siamo tenuti per un'altra volta.

In generale mi sento di consigliarvi una visita a questa città se passate di qui. Scoprirete che non c'è solo Amsterdam in Olanda, ed vi divertirete ad assaporare l'eclettismo poco conosciuto di questo paese.

Nel frattempo, eccovi una anteprima!


























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